Nel mito, Telefo viene ferito da Achille. Quando nulla riesce a curarlo, l’oracolo pronuncia una verità spiazzante: “Solo chi ti ha ferito potrà guarirti.”
Questo archetipo ci accompagna ancora oggi. Non parla di vendetta né di redenzione, ma di un principio psicologico profondo: la ferita non si elude, si attraversa. Nella prospettiva junghiana, la figura materna assume molteplici volti. Quando la “Grande Madre” si manifesta nella sua polarità negativa, come madre castrante, il processo di individuazione del figlio viene deviato. Non si diventa se stessi, si diventa ciò che serve per non dispiacerla. Questa madre non impedisce con violenza, ma con ansia. Trattiene attraverso la paura, la preoccupazione, il senso di colpa. Il messaggio è sottile, ma costante: non puoi farcela da solo. Il figlio cresce. Ma non sceglie mai davvero. Diventa spesso capace, brillante, adattivo. Ma dietro la prestazione resta un nucleo fragile, indeciso, non autonomo. E soprattutto: non libero. Questi uomini, pur divenuti adulti, portano dentro una profonda insicurezza identitaria mascherata da forza apparente. E nel tentativo inconscio di elaborare questa ferita, scelgono partner che riproducono lo stesso schema originario. Non si tratta di attrazione consapevole, ma di coazione a ripetere. Cercano donne donne che trattengono, condizionano, amano a condizione. Non scelgono la donna che li accompagna nel mondo. Scelgono colei che li trattiene nella soglia. Sono relazioni che spesso vengono lette come “passionali”, ma che in realtà parlano la lingua della madre interiore: "Se sei come voglio, ti accolgo. Se scegli da solo, ti punisco. " In queste dinamiche, l’Ombra, secondo Jung, si fa sempre più potente. Il maschile bloccato proietta la propria impotenza sulla compagna e alimenta forme relazionali tossiche, narcisistiche o autodistruttive. L’unica via d’uscita, come nel mito di Telefo, non è evitare il dolore originario, ma riconoscerlo, integrarlo e restituirlo. Finché non avviene un reale atto di separazione psichica dalla madre archetipica, ovvero dalla rappresentazione interiore che condiziona ogni relazione successiva, non può esserci vera autonomia. E quindi nemmeno vera scelta.